Forse l’Italia è uno di quei paesi in cui si ha una propensione quasi professionale a osservare il difetto nelle cose e ad esasperarlo. Certe volte ci si chiede se non sia che il difetto e il problema diano più da parlare e scrivere, e per questo se ne parli di più. La tragedia o la negligenza sono più strappalacrime di un viaggio andato a buon fine. Abbiamo la testa piena di ricordi di casi di malasanità, specie se a sud di Roma. La mia esperienza personale invece, per quanto possa essere rappresentativa, è tutta positiva. Mi sono ammalata a 20 anni di diabete di tipo 1, diabete mellito, quello che aveva anche Craxi e che da piccola pensavo fosse una cosa orribile. Non Craxi, cioè, anche, ma il diabete. Lo immaginavo come una sorta di morbo che ti divora piano piano dai piedi in su. Nella confusione di capire cosa mi stesse succedendo, e perché, sono stata indirizzata dal mio medico generico, una donna che se potessi l’abbraccerei ogni giorno ma non lo faccio sennò mi commuovo, verso il reparto di diabetologia del Brotzu, un ospedalone sopra una collina cagliaritana. Sì, è stato terribile. E’ stato come finire sott’acqua senza respiro per molto tempo,mesi e mesi,sinchè la mia testa non ha ceduto. E ogni tanto l’aria mi manca di nuovo,è successo anche oggi. Ma è la realtà della malattia che è difficile da affontare. Il personale del reparto è stato adorabile. Hanno preso la mia vita, l’hanno raddrizzata, e me l’hanno riconsegnata. Zoppicante e delusa dalla sfiga di essermi guastata a 20 anni,ma mi hanno insegnato come fare. Sono stati di un’umanità immensa,dal primo all’ultimo. L’infermiera che mi trattava come fosse mia mamma, e quella che mi ha confortata quando ho avuto una crisi di pianto ininterrotta. Il medico che mi ha soccorsa quando avevo la glicemia a 550. L’altra infermiera che ti leggeva dentro perchè anche lei ha il pancreas morto come te. Il primario che passava per il corridoio e sembrava distante,ma poi hai scoperto la sua dedizione per i pazienti e ti sei sentita tranquillizzata, amata.
I dispositivi medici salvavita come le penne per insulina, il reflettometro e l’insulina sono totalmente gratuiti. E per questo grazie alla Sanità pubblica. I dispositivi si guastano, si rompono, spesso alla vigilia delle vacanze o nei momenti più inopportuni. Una volta si è inceppato il reflettometro,non potevo controllare il livello di zucchero nel sangue. Sono andata all’ospedale, il reflettometro era difettoso e ne ho avuto un altro subito. Neanche un anno fa si è rotta la penna per l’insulina, in mezz’ora ne avevo una nuova, più robusta e resistente.
Oggi il reflettometro che usavo ormai da quasi sette anni ha deciso di rompersi definitivamente. Ho avuto il mio quarto d’ora di improperi in sardo, in italiano, e di nuovo in sardo, e sono andata all’ospedale. Senza preavviso perchè quando qualcosa si rompe di norma non avverte. Era di guardia il dottore che mi ha soccorsa anni fa. E’ un uomo all’apparenza un po’ burbero, ma delizioso. Gli voglio un po’ bene ecco. Non ha adottato l’atteggiamento da medico spocchioso che non si abbassa alle operazioni da sportello. L’infermiera era al telefono con un altro paziente. Il medico di guardia mi ha chiesto cosa mi servisse e mi ha dato uno dei tanti reflettometri che i rappresentanti lasciano in ospedale. Quattro minuti in tutto, forse. Un’efficienza e una immediata soddisfazione dei miei bisogni che ancora mi stupisce. Senza stare a pensare a tutto ciò che può essere dietro a questi medici e infermieri, scelte, decisioni, dedizione, un mondo psicologico immenso.
Non mi è piaciuto ammalarmi. E ancora oggi maledico di continuo questa palla al piede, anche perchè sono una persona intrinsecamente ingestibile. Non mi sono piaciuti 11 dannati giorni di day hospital che mi hanno alienata dal mondo esterno all’ospedale. Ma ogni volta che succede qualcosa, ho un problema o un incidente di percorso il reparto di diabetologia è lì e le risposte arrivano. Anche in modo non convenzionale. Un sacco di persone si lamentano delle file immense per i prelievi e degli appuntamenti fissati dopo mesi.Io ho pazienza: la mattina del prelievo so che non farò altro,starò in ospedale e aspetterò. Se non posso avere in tempi rapidi un consulto col mio medico prediletto accetto un appuntamento con un altro medico. Farò qualche domanda in più se non mi è chiaro qualcosa o ho un bisogno specifico. Mi sforzo un po’ di più per essere capita e capire. Torno a casa scombussolata, non mi abituerò mai, lo so, a non sentirmi più invulnerabile come un tempo. Ma grazie al caso imperscrutabile dell’Universo sono stata sfortunata e fortunata. E grazie a questa gente in camice bianco e divisa verde, traballante e spaventata a volte, arrabbiata e incurante della differenza fra me e gli altri, faccio la voce grossa e ho ancora tanto da dire.
Malasanità un paio di palle, miei cari.
Notizia di apertura “Sentenza shock alla corte di Straburgo: via i crocifissi dalle aule scolastiche”.Con tanto di intervista a passanti avversatori della sentenza,ma senza un perchè preciso (“ci sta,quando andavo a scuola c’era,è tradizione…”), o con un perchè quantomeno da 1984 – il libro,non l’anno,non si sa mai- (“ci deve esser,l’Italia è una nazione cattolica,quindi il crocifisso ci deve essere”).La Costituzione in realtà dice che l’Italia è un paese laico.
Seconda notizia :”Influenza A, è pandemia,aumentano le vittime,17,di cui 8 in Campania”.Segue servizio che indugia sul dramma del sassofonista 35enne,ma soprattutto “quando la morte è quella dei bambini”,foto e frasi strappalacrime delle due bambine morte in questi giorni su colonna sonora tragica.Pessimo gusto,davvero.
Terza notizia: “I 50 anni di giornalismo di Emilio Fede,maestro del mestiere,dalla Guerra del Golfo ad oggi”.Lodi a Fede,alla sua professionalità e ironia,capacità di scherzare,anche su cose serie,e per il servizio sull’avvio della Guerra del Golfo.Mah.Scusate se la sua parzialità e irriverenza (non nel senso divertente del termine) non penso fossero da tralasciare.
Segue servizio sulla vicenda Marrazzo,questo sì,rispettabile,un pò superficiale,ma comunque corretto.
Non fosse che si scivola subito dopo malamente nel banale: “Perchè i potenti vanno con i trans,intervista alla trans più famosa d’Italia,Eva Robbin’s”.
In coda,servizio sul trans da donna a uomo rinchiuso nella casa del Grande Fratello.E un altro su “La timida Camila”,corredato di doppi sensi,ma più unici a dire il vero,rimestio di grandi seni e sguardi maschili arrapati.
Per chiudere in bellezza, la proposta di far diventare la lap dance uno sport olimpico,scene su scene di donnine svestite che mostrano le grazie intorno a un palo, e Juliana Moreira che promuove la Wii,controller in mano e richiami continui al prodotto.Sovviene il dubbio:ma sarà legale?
La Mediaset non fa servizio pubblico,ma significa anche che non è tenuta alla decenza?E’ comprensibile anche la promozione di programmi del gruppo televisivo (vedi Grande Fratello),ma indugiare su aspetti “pruriginosi” è obbligatorio?Non c’è più nulla che attivi il cervello oltre a due tette enormi?Dimenticavo il servizio sui casi umani che hanno tentato il provino per il Grande Fratello ma non l’hanno superato.Dopo il momento ormonale magari serve al telespettatore medio ad aumentare la stima di sè vedendo chi sta peggio.Ma a parte questo, Studio Aperto fa terrorismo psicologico indugiando sull’influenza A, e proselitismo lobotomizzato e stagnante sulla vicenda del crocifisso in classe.
Le lodi al pagliaccio Fede forse non meritano nemmeno valutazione,sono così paradossali da rasentare il pirandelliano.
Sono rimasta ai tempi in cui il giornalismo era sinonimo di informazione,mi sento sempre di più un’anticaglia chisciottesca che lotta contro mulini a vento,fra l’altro pure in rovina.
Nota,amara: se si cercano su Google immagini sotto la dicitura “Studio aperto” , un buon 80% ritrare giovani ragazze seminude.C’è una correlazione.Suppongo.Credo.
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